10. La partita

Il mercoledì, cascasse il mondo, si gioca il classico del calcetto, avvocati contro commercialisti.
Il nostro Riccioli d’oro è infortunato e lo sostituisce in porta Bambino, il centrale di difesa è l’insormontabile Fierro, a centrocampo ricama Velluto e poi io che dovrei marcare le segnature.
Il quinto componente della banda è ‘Sua immobilità’ la Balia.
Una volta durante una partita in cui stava particolarmente in forma ha percorso centodieci metri certificati col gps, il suo record personale. A suo dire, è il professore della palla rotolante venuto a insegnar l’onor dell’arte palleggiatoria di cui dichiara di conoscer ogni segreto.
In tutta sincerità, noi ne faremmo anche a meno del suo magistero di alta scuola calcistica, però lo lasciamo fare e dire anche perché è lui che organizza e fa tutte le telefonate.
Nella vita avrebbe voluto fare il commissario tecnico, ma poi si iscrisse controvoglia alla facoltà di giurisprudenza per seguire la gloriosa tradizione forense della sua famiglia.
Quella palla rotonda è la sua vita, per lui attaccare e difendere a 360 gradi rappresentano i grandi archetipi della vita e, quando va in udienza, per rivalsa, infarcisce le sue arringhe di metafore calcistiche trasformando le cause in una puntata di una di quelle trasmissioni sportive che hanno occupato prepotentemente ogni palinsesto televisivo.
Una volta, grazie a una raccomandazione, era stato anche invitato in televisione.
Gli ospiti erano ex giocatori della squadra locale, giornalisti sportivi e avvocati: Insomma, c’erano tutti gli ingredienti per imbastire una discussione sul nulla.
La Balia aveva fatto sentire la sua opinione su tutto, non trovando il sostegno di nessuno e dissentendo sulle opinioni di tutti gli altri.
Ogni volta che gli altri avevano la parola e lo inquadravano, scuoteva il suo capoccione bovino, contestando e disapprovando ogni parola.
Quando parla faccio finta di ascoltarlo perché gli voglio bene e perché sono il suo pupo preferito.
Mi mette il braccio al collo con fare cameratesco e mi impartisce le istruzioni: 

Vladimi’, fai movimento in mediana, proteggi la palla e fai salire la squadra e, mi raccomando, fai le diagonali che sono fondamentali, lo sai che ci tengo.

A me il pallone mi piace assai e la partitella settimanale la gioco con piacere, qualche partita pure me la vedo, però, quando la partita è finita, il televisore lo spengo.
Detto questo, non ho il coraggio di dirglielo, ma io proprio non lo so che cosa sono queste diagonali.
Così abbozzo.
Lui insiste:

Comunque, non so se hai visto, ma hanno cambiato il portiere. Statti accorto che di cognome fa Rancore, ricordati nomen omen. Gli hanno riferito della tua performance dell’ultima partita e ha detto che se fai più di tre gol non la finisci tutto intero.
-No, non ti preoccupare, faccio una partitella tranquilla, qualche passaggio, qualche tiro da fuori, qualche tangenziale…
DIAGONALE!!! DIAGONALE!!!

Fischio d’inizio, comincia la partita.
Il monumentale Fierro recupera la palla sul loro attaccante, la Balia urla di passare la palla a Velluto, il quale finta di corpo, si libera dell’avversario, scatta suo fondo e la mette bassa al centro, io scatto in avanti anticipando difensore e portiere, la tocco di tacco e la metto dentro passando tra le gambe di Rancore.
Uno a zero, palla a centro.
Mi giro, guardo il portiere, e gli sussurro:
– Senza Rancore…
Vladimi’, che ti avevo detto?? Ora, dovrei solo sostituirti…
E con chi mi sostituisci? Già è stato un miracolo metterci insieme tutti e cinque. Ma poi perché ti preoccupi, che te ne importa?
Come di che mi preoccupo, Rancore è il mio commercialista!
Venduto maledetto!

Alla fine del primo tempo, siamo sopra di quattro gol e io ne ho fatti tre.
Ci fermiamo per dissetarci prima di riprendere.
Fuori c’è una bionda atomica che è venuta a vedere la partita con le sue amiche.
Riccioli d’oro, spettatore non pagante, mi riferisce che le ha sentite conversare e che l’arma di distruzione di massa ha detto che sono un gran fico, anche se sto più per terra che in piedi.
A proposito, aggiunge, è la sorella di Rancore.  
La partita riprende.
Sono caricato a molla e ne faccio altri due.
La partita ormai è finita ma c’è tempo per un’ultima azione: un rimpallo a centrocampo e il pallone schizza verso il fondo.
Rancore mi vede scattare e corre pure lui e io, per anticiparlo, vado in scivolata.
Mi sembra di scivolare all’infinito, ma poi mi arresto contro il palo di sostegno e una vite sporgente mi fa un grosso taglio sopra al ginocchio.
Mi rotolo dal dolore.
Bambino, senza dire una parola, mi alza da terra e mi carica su una spalla come si fa con un sacco di patate e mi porta in ospedale.

Con la coda dell’occhio vedo Rancore che sembra più dispiaciuto di me.
Ora come glielo racconta ai suoi amici che mi sono fatto male da solo?  

Pubblicato da 50 copechi

Le memorie e le riflessioni di chi si appassiona ancora a guardare il mondo

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