11. La siringa.

Tre cuscini sostengono il mio ginocchio che è talmente gonfio che le sue fattezze si confondono con la coscia.
Sento bussare alla porta e mia madre che parlottola all’ingresso con qualcuno.
Entra in camera mia e mi annuncia una visita:
– Vladimi’, ce sta una bella guagliona che ti è venuta a trovare, io me vulesse ffà ‘e fatti miei ma me pare ‘a figlia do Dottor V., chillo addò te mannaje io.
– Ma tu che dice?
– La faccio trasire?
– Aspetta nu minuto, famme sistema’.

Apre la porta e si manifesta:
– Buongiorno avvocato.
– Spero che mia madre ti abbia accolto meglio di quanto la tua abbia fatto con me.
– Mi fa piacere, vedo che la botta non ti ha tolto il buonumore. E, comunque, io ho bussato, non mi sono introdotta furtivamente in casa come te.
– Hai ragione che non mi posso muovere…

Un altro squillo annuncia altre visite, alla porta c’è la squadra di calcetto al completo.
– Ragazzi ma non c’era bisogno di passare…
– Ma no –
risponde la Balia –  è il minimo, una squadra non abbandona il suo bomber in un momento di difficoltà.

Altro squillo, altra visita.
Se continua così occorrerà installare l’eliminacode come alla posta nei giorni in cui si ritira la pensione.
Alla porta si appalesa in grande uniforme mia zia, sorella di mia madre, capo infermiera nel più importante ospedale del Meridione, molto nota a tutti suoi nipoti per la sua famosa puntura con lo schiaffo.
Nel senso che se non te la facevi abbuscavi.
A questo punto i miei timori, con un alto grado di credibilità razionale, iniziavano a trasformarsi in sospetti severi.
Ma vuoi vedere che è tutto un complotto alle mie spalle? …E non solo a quelle.
La zia mi informa che nel ginocchio si è formato troppo liquido,  che non può rimanere lì dov’è e che va aspirato immediatamente con quel siringone che tiene in mano che sembra un bidone aspiratutto industriale.
Alle sue spalle sbuca mia madre in tenuta da cecchino con la siringa in mano e col pollice sullo stantuffo, pronta a fare centro sulla mia chiappa.
A questo punto i dettagli del loro sporco piano sono tutti scoperti.
Mia madre ha invitato la dottoressa V. (ma come faceva a sapere??) confidando che in sua presenza e in presenza della squadra io potessi dare una prova di vero ardimento ovvero, in mancanza, di un minimo sindacale di pudore.
Mi ridesto inconsciamente nel letto in una posizione difensiva  che ai miei avversari deve parere oppositiva tanto è vero che li vedo già organizzarsi per improvvisare un piano alternativo.
La Balia, maledetto, inizia a confabulare con mia zia per organizzare una strategia più consistente, bloccando le mie iniziative a centroletto, i progetti di diserzione sulle ali e, conseguentemente, far partire la diagonale dell’ago direttamente sul ginocchio e sulla chiappa.
Nella stanza il clima di agitazione sta salendo e invito la dottoressa V. ad accomodarsi in salotto nel mentre sbrigo questa faccenda familiare, ma mi risponde che non lo farebbe per nulla al mondo e che forse c’è bisogno anche del suo contributo.
Per trattenermi.

La tensione amplifica l’ingegno.
Nel momento in cui stanno per sferrare l’attacco decisivo, mi vengono gli occhi del pazzo, apro il cassetto del comodino, impugno uno spray e lo punto contro la folla di assalitori.
Con tutto il ginocchio gonfio mi alzo dal letto e faccio per inseguirli urlando minaccioso: SPRAY AL PEPERONCINOOOO!!!
Gli astanti, con in testa la dottoressa V., si disperdono immediatamente uscendo dalla stanza che neanche durante il terremoto di Casamicciola si è visto mai e mi chiudo dentro a chiave. 

Guardo ammirato la bomboletta di spray e mi do una generosa sgasata per il mal di gola.

Esempio di riuso.

Pubblicato da 50 copechi

Le memorie e le riflessioni di chi si appassiona ancora a guardare il mondo

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