“Ma voi potreste eseguire un notturno su un flauto di grondaie?”
L’aria oggi mi pare pesante, calca il mio corpo come una ruota.
Mio padre mi saluta ogni mattina con lo stesso augurio:
– Che oggi sia un altro giorno in cui il tuo nome possa ricordare un’antica fierezza.
Fierezza, orgoglio e dignità; tutto in un nome, il mio: Vladimiro Majakovskij. Sono nipote del celebre poeta russo Vladimir Vladimirovič Majakovskij.
Ne avrete sentito parlare!
Il poeta che faceva all’amore con la rivoluzione e la rivoluzione all’amore.
Con tutta evidenza non sono un poeta, non lo nacqui, e gli anni a venire sciolsero ogni ulteriore dubbio.
Divenni avvocato e come tale oggi porto nei tribunali la fierezza, l’orgoglio e la dignità… di mio padre.
Intendiamoci: conosco il mare periglioso dell’orgoglio, fatuo tentatore, e la mestizia di una fierezza che è solo solitudine.
La dignità, poi, non è affar di nome.
Con il mio nobile avo condivido forse la natura caratteriale provocatoria, ironica e tumultuosa, e la poesia che amo come il corpo di una donna.
Nel diritto, però, sublimo la mia passione e vedo fuochi laddove, a una vista comune, vi è solo paglia.
Studio, per essere un buon avvocato.
Per errore, sono un uomo di fascino.
Di certo, sono un pessimo poeta.
Ho scarsi rapporti con la grammatica del cuore e una propensione poco discreta per l’eleganza che mi rendono arbitro di parole estetiche e tattili, arguto osservatore degli altrui tranelli ed esecutore attento delle norme giuridiche atte allo svelamento e alla dissipazione.
Cosa dissipo? Le menzogne.
O almeno quelle verità che, per vincere, fanno credere tali.
Non è forse l’arte dell’avvocatura quella di convincere e vincere?