9. Oscàr.

Per strada mi sento chiamare con un esercizio retorico sconosciuto ai Napoletani, urlare a bassa voce.
Vladimiròò, Vladimiròòò…
Mi giro e, nonostante gli anni passati, non faccio fatica a collegare la faccia al nome:
Oscàr, Mon ami! vous êtes de retour sur la terre napolitaine!
E qui finiva il mio francese.
Avevo messo insieme Guy de Maupassant e una vecchia canzone di Vecchioni.
Mi abbraccia e mi spiega che dopo la dipartita di sua zia era tornato per sistemare le sue cose e aveva bisogno di una mano con la bureaucratie  italienne.
A tua disposizione!
Al che sembra risollevato, più per mia risposta in italiano, che per mia disponibilità.
Si sa, i Francesi ci tengono alla loro lingua.
I Napoletani devono aver preso questo vezzo da questo popolo.
Dieci Anni prima.
– Toni’, lui è Oscàr, è appena arrivato dalla Francia, è venuto a trovare la zia che è amica di mia mamma, sta qua pe’ quacche juorno, sta cu nuie.
Tonino Telecom stringe forte la mano a Oscàr per dargli il benvenuto.
– E Giaciglio? Nun è ancora venuto?
– Eh, figurate!
Tonino Telecom era così chiamato perché teneva ‘n’abilità a cunoscere ‘e femmene che era senza pari, era campione mondiale dell’avances. Tempo dieci minuti e già teneva il numero della ragazza in tasca tanto che teneva una rubrica grossa come un elenco telefonico.
Giaciglio, invece, era quello che teneva la macchina, l’unico che teneva un lavoro fisso.
Il suo vero nome era Giacinto, ma ormai se ne era scordato pure lui.
Si alzava alle 3 del mattino per andare ai mercati della frutta e tirava avanti come un ciuccio di fatica fino a tardi. Quando terminava la sua giornata, però, non rinunciava a uscire anche se era perennemente in ritardo. Appena arrivava, il tempo di accendere la macchina e faceva contatto con Morfeo, cadendo addormentato sul sediolino posteriore.
Dopo, però, gli raccontavamo come era andata la serata e lui era contento lo stesso, si sentiva partecipe perché lui c’era stato.
Oscàr nun parla ancora buono l’italiano ma è n’artista, un musicista…
– Ah sì, e che sona?
– L’armonica. Oscàr, falle sentì che te fire ‘e ffà…
Oscàr si portò lo strumento alla bocca e mentre prendeva fiato per attaccare arrivò Giaciglio, stranamente in orario.
– Oilloco, sarà caruto ‘a coppa ‘o lietto!
E Telecom:
– Jamme, ca so’ passato addò barbiere, stasera nun me ferma nisciuno!!! Stasera è la mia sera, stasera c’arriesco!
Nella sua sfolgorante carriera costellata da trionfi in tutta Napoli, Telecom aveva una zona scoperta: Piazza Amendola, di fronte al Liceo Umberto.
Ogni volta che capitava in quella piazza perdeva tutte le sue sicurezze, le sue frasi d’approccio smarrivano il tempo e l’effetto e facevano fetecchia peggio di un tracco bagnato.
Stasera, però, era carico a molla.
Il posto davanti del passeggero era il suo – testa di ponte di tante espugnazioni – io alla guida, Giaciglio abbioccato e Oscàr che lo guardava perplesso.
Telecom aveva dettato il copione:
– Allora, Oscàr, tu non parli bene italiano, mettiti in un posto e ascolta a mme. Vladimi’ tu… devi dire che te chiammo Ciro.
No, me chiammo Vladimiro.
– ‘O vuo’ capì o no ca è ‘nu nomme ca porta agitazione? Comunque, appena puoi devi dire che sì studente universitario, chella a chesti ccà ce piace chistu fatto, dille ca vuò ffà ‘o maggistrato.
– No, voglio ffà l’avvocato.
– Dille che cacchio vuo’ tu, ma famme ffà a me…
Parcheggiai dietro la piazza.
Diedi uno scossone a Giaciglio che la prese come una coccola e andò in fase rem, allora gli rimboccai la coperta e lo lasciammo lì a dormire.
Telecom si scelse un posto al lati della Piazza e attaccò lo scandaglio in cerca di un paio di occhi abboccanti.
Dopo una decina di minuti arrivò un riscontro, ma Telecom non voleva commettere errori, indugiò qualche momento più del dovuto in cerca di conferme, indossò il suo sorriso furbetto e si avvicinò, servendo la sua migliore formula d’entree.
Io e Oscàr ci attaccammo alla ruota.
Si presentò – sono Tony Telecom –, poi passò a presentare noi.
– Lui è Oscàr, è francese. Lui invece è Ciro.
– Veramente mi chiamo Vladimiro.
E la brunetta: – Vladimiro? Sei di Milano?
Intervenne Telecom: – Non vi preoccupate, Vladimiro è il secondo nome. Sapete, è un promettente studente di giurisprudenza, tra poco diventerà magistrato…
– Avvocato, prego.
E la biondina: – Avvocato? Che sfigato…
Telecom mi guardò come a dire: Hai visto? Nun me staje mai a senti’.
Meno male che c’era Tonino Telecom a tenerci a galla. A parte qualche sbavatura, stava andando veramente alla grande, aveva già battuto il suo record di permanenza e il capello appena fatto dal barbiere si stavano rivelando soldi ben spesi. Aveva raccontato di chiamarsi così perché era un affermato dirigente dell’azienda telefonica e che si ricordava a memoria tutti i numeri di telefono di tutti i clienti Telecom e che all’elenco mancava solo il loro.
Le ragazze ridevano, ci stavano, sembravano aver superato il trauma del mio nome e della mia scelta professionale.
Il copione reggeva, Oscàr restava zitto, io ogni tanto aggiungevo una spruzzatina di spirito, senza metterci troppa enfasi.
Quelle erano due, noi eravamo tre.
Oscàr, probabilmente, realizzò che era di troppo.
Improvvisamente, fece un passo indietro, estrasse la sua armonica dalla tasca e attaccò a suonarla.
Ci fu un attimo di smarrimento, l’attenzione mia e di Telecom si spostò tutta su Oscàr. Il tempo di un secondo, ci voltammo in sincrono per vedere la reazione delle ragazze e, pouf, non c’erano più, sparite, scomparse, disintegrate.
Tonino Telecom iniziò ad avvampare, gli occhi si fecero di brace e abbrustolirono prima Oscàr e poi me che me lo ero portato dietro.
– Oscàr, mo’ scumpare  da annanze all’uocchie mije pure tu!
Lui avanti e noi dietro zitti.
Ogni tanto borbottava.
Risalimmo in auto sconsolati per riguadagnare la via di casa, accesi la macchina e Giaciglio si ridestò giusto il tempo di capire che avevamo azzeccato un’altra figura e si appisolò di nuovo.
Telecom stava rivivendo le scene davanti ai suoi occhi, sequenza dopo sequenza, battuta dopo battuta, e non poteva non riconoscersi che era stato perfetto e quei due avevano sciupato il suo capolavoro.
Dopo un po’ i minuti di silenzio iniziarono a pesarmi sulla coscienza e accesi lo stereo.
La radio passava i Kool and the Gang, Get down on it.
Al ritornello iniziai a intonar: Ghedda on it… ghedda on it…. ghedda on it…
Al che Telecom: – Bella ‘sta canzone, me piace.
Hai visto? – pensai – la musica funziona sempre.
– Mi piace soprattutto ‘o testo – continuò.
– Pecché tu parle inglese?
– Pecché è inglese? Nun è Napulitano? Nun dice JETTA ‘ARMONICA??
Non gli era passato.

Pubblicato da 50 copechi

Le memorie e le riflessioni di chi si appassiona ancora a guardare il mondo

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